La Lessinia, un altopiano affascinante, una montagna misteriosa; tra il verde irlandese delle sue praterie, il rosa ammonite della sua pietra lavorata dagli elementi ed il blu dei suoi grandi cieli.
E parte di questo fascino risiede nascosto negli antichi camminamenti che disvelano ad un occhio attento il cuore della sua antica civiltà.
La civiltà cimbra o tzimbar in Lessinia è riconoscibile nelle antiche contrade che paiono punti di una mappa, labirinti di pietra naturale e tratturi che costruiscono reti e legami, segni di un passato che rivive nelle tradizioni, nei luoghi e nelle architetture.

Luoghi dove i racconti si intrecciano e narrano di fate ed orchi e di luoghi magici come la Valle delle Sfingi, un angolo tra natura e mistero, un ambiente naturale ove grosse pietre monolitiche si ergono cariche di suggestione in espressioni antropomorfe folgorate nella roccia.
Il lavoro millenario degli elementi che ha agito con pazienza e finezza, risultato sorprendente dell’erosione di due calcari, il rosso ammonitico e l’ofiolite di San Vigilio.

E poi le malghe ancora attive, il cuore pulsante dell’economia della montagna veronese con le loro storie, le affascinanti architetture ed i loro prodotti tipici

Questa è la Lessinia e proprio qui il piccolo calzaturificio artigianale di montagna Gaibana produce le scarpe pensate per tutte le avventure e attività outdoor, adatte in ogni ambiente naturale tanto da essere anche scelte per le missioni nello spazio.

All’interno del piccolo laboratorio a Corbiolo di Boscochiesanuova a circa 1000 metri di quota, il gruppo di lavoro è composto dai tre fratelli Vinco e da uno storico collaboratore addetto alla tranciatura, scarnitura e cucitura: quattro persone che da sole portano avanti con passione e dedizione, grande esperienza e professionalità l’azienda.

Ci siamo conosciuti quasi per caso, poi un primo incontro in laboratorio, un raccontarsi a vicenda, la partecipazione al nostro meeting organizzativo mensile al lago d’Iseo e finalmente, qualche giorno fa, tutto il team ITrekITaly sale a Boscochiesanuova per conoscere a fondo la storia, le persone e le tecniche di lavorazione ed ovviamente per conoscerne i prodotti e testarli.

E come ci immaginavamo la giornata si è rivelata carica di contenuti, conoscenza, grande arricchimento e confronti a viso aperto su diversi argomenti!

Ci raccontano che la storia del calzaturificio inizia nei primi anni del ‘900 quando nonno Angelo realizzava esclusivamente a mano, scarpe per tutti e scarponi per chi lavorava nei boschi o in malga.
La gente di montagna si spostava a piedi e quindi le scarpe dovevano essere robuste, tutto era legato ai ritmi di allora: il camminare quotidiano scandiva il ritmo del giorno, la manualità era il cuore del lavoro.

Allora la lavorazione di un paio di scarpe iniziava prendendo la misura del piede direttamente a casa del cliente; impensabile per oggi e sinonimo di fiducia reciproca e di comunità era il sistema di pagamento: le scarpe o scarponi venivano pagati a fine stagione quando i “malgari” avevano venduto i loro prodotti

La storia della piccola azienda continua con Vincenzo, figlio di Angelo, e padre dei tre fratelli Vinco, il quale iniziò da giovanissimo a respirare il profumo di pelle e cuoio; fu per merito suo, ci raccontano emozionati, della sua passione, tenacia ed inventiva che si passò dal tavolino di calzolaio alla azienda artigiana concentrando gli sforzi sulle scarpe da montagna.

Nel curiosare stupiti ed affascinati all’interno del laboratorio, ci imbattiamo nei vecchi scarponi con la suola di legno che ci fanno ricordare “i bei vecchi tempi” ma soprattutto ci fanno capire la straordinaria evoluzione avuta da che questo prodotto così importante per il benessere dell’uomo: dalla suola in legno, alla pelle rigida alla moderna suola in gomma vulcanizzata.

Continuando il percorso ci dicono di come nel 1953 Vincenzo volendo rendere riconoscibili ovunque le sue scarpe e la loro qualità decise di dare vita ad un marchio che ne identificasse la provenienza: scelse il nome Gaibana nome di una montagna dell’altopiano dei Lessini e termine che per alcuni studiosi di toponomastica significa: sentiero dei camosci.

Ascoltiamo il racconto mentre ci aggiriamo tra macchinari rigorosamente meccanici, pellami, tessuti, rivetti, colle, stampi, tomaie, semilavorati ed altri mille materiali che servono alla costruzione di uno scarpone di alta qualità e camminando e guardando incuriositi.

Perché sì qui parliamo di altissima qualità, per arrivare al prodotto finito infatti sono necessario dai 35 ai 50 passaggi a seconda del tipo di scarpone: dall’avvicinamento al trekking leggero, dal trekking professionale alla speleologia, dallo scarpone di lavoro e quello fatto appositamente per il pronto intervento, dalle spedizioni artiche alle spedizioni himalaiane.

Ogni scarpone richiede una cura ed un’attenzione maniacale a partire dalla qualità della materia prima di ogni singolo semilavorato che verrà poi assemblato.

Tale cura la percepiamo andando a “sbirciare” il lavoro delle mani sulla pelle, sui tessuti, alla macchina da cucire; a volte molto lento e curato ed a volte veloce rapido preciso millimetrico.

Le fasi di lavorazioni, che abbiamo seguito passo passo, partono direttamente dalla forma in legno o plastica, dal disegno realizzato su uno scotch di carta che viene poi staccato, steso su un piano in cartoncino per essere ritagliato e dallo stampo in cartone grazie al quale vengono realizzate le fustelle in acciaio.

E’ sorprendente vedere come l’esperienza di Daniele ed i suoi fratelli riesca ad individuare tra le centinaia di forme (le fustelle) quelle relative a quello specifico scarpone e ad incastrarle in maniera perfetta per evitare inutile spreco di pellame o tessuto.

Poggiando precisamente le fustelle sul tessuto, la pressa trancia le singole sagome da assemblare.

Successivamente è necessario che ogni singola sagoma venga sottoposta ad un processo di scarnitura sui bordi per livellarne la parte esterna affinché nelle giunture dello scarpone non ci siano dei fastidiosi ed antiestetici sormonti.

Si arriva quindi a montare i singoli pezzi nella fase di giuntura per ottenere la tomaia a cui verranno aggiunte in fase di cambratura le parti per il sostegno del tallone, elemento fondamentale da curare in quanto punto di stress legato al carico del peso.

A questo punto nel semilavorato viene inserita la forma per dare struttura alla scarpa, alla stessa verrà poi attaccata la suola e dopo un adeguato processo di pressatura ed alcuni ulteriori semplici passaggi lo scarpone sarà pronto per essere indossato.

Abbiamo imparato, visto, odorato e capito qualcosa dello straordinario lavoro che c’è dietro alla costruzione di un grande scarpone da montagna.

Abbiamo conosciuto delle persone straordinarie perché la stessa passione dedizione e cura che mettono ogni giorno nella produzione artigianale dei loro manufatti la mettono anche nell’accoglienza delle persone che come noi hanno deciso di conoscere la loro storia ed il loro presente nella sua quotidianità.

Ringraziamo quindi di tutto cuore i fratelli Vinco che ci hanno regalato tutta questa ricchezza e …cosa non scontata …una giornata intera del loro prezioso tempo.

Enrico Buttignon