Quando mi fermo e ricarico le pile spesso è da qui che riparto, guardo la mia città con occhi nuovi, o semplicemente con la volontà di conoscerla più a fondo, come se viaggiassi nel quotidiano in un posto che porto già nel cuore da anni.

Passeggio per il quartiere “Oltretorrente” e mi rendo conto di quanto ancora si evinca dalla sua storia, tra i mattoni di quello che una volta era il quartiere popolare.

Mussolini, non ancora al governo, mandó in città squadre comandate dal suo fedele Italo Balbo, ma l’Oltretorrente rispose con le barricate e la resistenza.

“Balbo t’è pasé l’Atlantic mo miga la Perma!”

,leggo. Un sorriso ironico mi spunta sul viso e proseguo la camminata sul lungo Parma.

Entro poi nella Chiesa dell’Annunziata e scorgo uno spiraglio in fondo, oltre la navata: percorro il corridoio finale e mi ritrovo in un chiostro con dei coniglietti addomesticati, proprio dietro la chiesa, accanto al convento e alla mensa di Padre Lino.

Il frate è commemorato anche da una statua, che io ricordavo principalmente come ritrovo delle assemblee d’istituto del liceo Marconi; scannerizzo il QrCode e ricevo una chiamata.. pronto, Padre Lino? 📞 La statua è inserita in un “percorso di statue parlanti” sparse per l’intera città, che danno simpatiche ed utili informazioni turistiche sul loro vissuto ai passanti e ai viaggiatori.

La mia passeggiata invernale prosegue verso il Parco Ducale: varcato il cancello mi ritrovo in un quadro! 🖼🌳🍂 .

Avanzo tra le fronde ramate e color ocra, pensando a come Ottavio Farnese si sia divertito a cacciare e a coltivare alberi da frutto, in quello che doveva essere il giardino del suo palazzo, a metà del XVI secolo! Sembra ci fossero liberi persino leoni e leopardi…!

Proseguo lungo il viale fino ad arrivare al laghetto, che ospita al centro la fontana del Trianon, realizzata tra il 1712 ed il 1719 per la Reggia di Colorno, e trasferita qui nel 1920. I due uomini accanto alla conchiglia raffigurano il fiume Taro ed il torrente Parma🐚🌊. Una fontana ispirata a quella di Versailles, ma decisamente parmigiana😉.

Al laghetto nasce un’ invisibile rete di sguardi alla Amélie Poulain: il mio rivolto alla fontana, davanti cui nuotano alcuni germani, indicati allegramente da dei bimbi che giocano a bordo acqua. Un quadretto spensierato che dura una manciata di secondi che merita di essere immortalato in un’istantanea📸.

Abbandono il viale principale, addentrandomi tra la vegetazione e sbuco dal tempietto d’Arcadia, opera di Petitot, costruito nel 1769 per ospitare la festa delle nozze tra Ferdinando e Maria Amalia; fu realizzato come una rovina, per assecondare il gusto del tempo per i ritrovamenti archeologici.

La mia attenzione cade inevitabilmente sui giganteschi platani che rubano la scena da qualsiasi angolatura li si guardi: chissà quanti anni hanno! Ebbene furono piantati da Maria Luigia ad inizio 1800. Improvvisamente mi sento giovanissima! 👶🏼😵

Continuo la mia passeggiata per Parma e mi ritrovo in Via Farini, che mi riserva proprio una chicca.

Questa Via veniva chiamata anche Strada dei Genovesi, da dove arrivavano appunto i Lunigianesi, dall’Appennino. La struttura all’angolo tra via Farini e Via F. Maestri (quest’ultima conosciuta anche come Borgo del Gesso, dove avevano sede i gessai) era nel Medioevo una casa-torre a difesa dei cittadini parmigiani: un vero e proprio crocevia, oltre il quale ci si trovava già in periferia.

Una cosa che trovo molto buffa è che la torre era chiamata “Porta Pidocchiosa”: i viandanti che arrivavano da fuori Parma e dalla montagna dovevano obbligatoriamente lavarsi, pulirsi, perciò “spidocchiarsi” prima di accedere alla città🛁. . Sopra la porta si può notare l’effigie del pidocchio, anche se sembra che l’originale sia scolpito su di un sasso…Buona ricerca!

Sbuco su Piazza Garibaldi, la bella. Mi fermo all’altezza del comune, dove trovo dei padri e dei nonni che mostrano ai più piccoli la meravigliosa statua del Correggio, scolpita nel 1870.

Mi volto verso la Piazza: da qui si riesce ad avere una panoramica completa!

La prima cosa che si nota è la predominanza del colore giallo chiaro, in quasi tutti gli edifici presenti, tra cui quello del Governatore, che spicca per la torre centrale. Questo colore paglierino, o detto anche “giallo d’ovo”, era usato fin dal XVIII sec., all’epoca del dominio francese, per imitare una pietra che veniva utilizzata in Francia per costruire i palazzi dei nobili. Il colore si diffuse sempre più all’epoca di Maria Luigia, di una tinta più calda, fino a quando Petitot fu rapito da questo giallo appena lo vide su alcune case, in onore del colore dei capelli di Isabella di Borbone. Così pare 👸🏼.

Mi avvicino al palazzo del Governatore e, all’angolo con via Cavour, noto il modello del mattone di Parma, murato, che serviva come standard per chi lavorava nell’edilizia nel Medioevo.

Spostandomi verso Piazza della Steccata la statua del Parmigianino cattura la mia attenzione. Il pittore, nato a Parma nel 1503, fu ingaggiato nel 1531 per l’affresco dell’abside e della cappella maggiore della Steccata, ma dopo anni di attesa la confraternita lo denunció per inadempienza e annulló il contratto. Sembra che i frati avessero una certa fretta.. 🙈

Mi dirigo verso il complesso della Pilotta.

“Tutto è immenso in Pilotta, niente a misura d’uomo. Ci si sente piccoli ai suoi piedi, Pinocchietti nella pancia della balena, in attesa di essere liberati dal primo fascio di luce. (…) . È la parte più metafisica della città, quella che esiste ben oltre ciò che si vede. La lasci e ti rimane addosso per tutto il giorno quel senso di tempo addietro. Di tempo vuoto e spazio immenso. Se ne attraversa l’area e quello che ti accompagna è un sordo rimbombo di passi sulla pietra.”

Non posso che concordare con le parole di Teresa Giulietti. Si è ancora più fortunati quando sotto queste mastodontiche arcate si trova il fisarmonicista di Parma che con la sua melodia avvolge l’intero complesso.

A zonzo per Parma

Il complesso della #Pilotta a metà del XVI sec. ospitava ambienti di servizio quali scuderie e stalle.🐮🐴 .

Uno dei cortili interni era destinato al gioco spagnolo della “Pelota”: è proprio da qui che deriva il nome del maestoso palazzo, tuttora in uso.

Ogni duca mise del suo al progetto: ad esempio i Borbone nel 1761 vi collocarono la biblioteca Palatina📖.

Oggi il suo patrimonio comprende più di 700.000 fra volumi, periodici, opuscoli, manoscritti, stampe, ecc…📜📄📚

L’edificio subì dei danni durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale e ciò che si può ammirare oggi è frutto di un restauro. 💣

Al suo interno troviamo la rinomata Galleria Nazionale, il cui punto di partenza è il maestoso Teatro Farnese. Alla sua inaugurazione, nel 1628, gli spettatori rimasero sicuramente a bocca aperta quando, ad un cenno di Nettuno, venne inondato d’acqua e comparvero sette mostri marini. Ebbe inizio la naumachia. 🛶🐲🌊 .

All’esterno, in piazzale della Pace, un bellissimo prato fruibile da pedoni, troviamo una grande fontana ⛲che ricalca il perimetro della chiesa che un tempo faceva parte del complesso. Gli alberi sono stati collocati in corrispondenza delle antiche colonne. 🌳🏛⛪ .

Di fianco, il monumento a #Verdi, grande musicista che studió in provincia di #Parma, a Busseto. Ma i rapporti tra di lui ed i concittadini non erano dei migliori🚫. La piccola comunità emiliana era molto fiera della propria tradizione musicale🎶🎵, ed il comune nel 1853 decise di costruire un piccolo teatro, chiedendo aiuto alla famiglie più ricche. Verdi invece era contrario alla costruzione di un teatro d’opera 🎭 in un paese di provincia, tagliato fuori dal circuito di grandi teatri. La sera dell’inaugurazione la borghesia si vestì di verde in suo onore e sul palco venne esposto un busto che ritraeva il maestro. Verdi, che pur aveva contribuito alla sua realizzazione con una donazione di 10.000 lire, non vi mise mai piede. Un mese duró la stagione teatrale e per un mese si prolungó la sua permanenza a Tabiano, per sottoporsi alle cure termali. L’affronto deve essere stato tale per cui una sera la finestra della stanza di Verdi fu presa a sassate.

Il 13 gennaio si festeggia Sant’Ilario, patrono di Parma. Conoscete la leggenda che a lui rimanda?

Si racconta che di ritorno dall’esilio in Turchia, S. Ilario passó per Parma. Un ciabattino si accorse delle pessime condizioni delle scarpe dell’uomo, così decise di regalargliene un paio nuovo. Il giorno successivo il calzolaio trovó come per magia un paio di scarpe d’oro al posto di quelle donate👞.

Questa leggenda può riassumere la solidarietà che ha caratterizzato, nonostante tutto, l’ultimo anno: aiutarsi a vicenda può fare la differenza ❤.

In ogni modo una scarpetta di S. Ilario di pasta frolla decorata con glassa e zuccherini colorati in questo giorno non ce la toglie nessuno 😉 Bon appetit! 😋

Vi lascio infine con alcune curiosità sul Duomo di Parma, capolavoro architettonico ed artistico.

• La cattedrale fu quasi interamente distrutta a causa di un terremoto nel 1117.

• Il progetto originale della chiesa prevedeva un secondo campanile anche sulla parte sinistra della facciata, per ragioni di simmetria. Il progetto venne abbandonato a causa dei segni di cedimento del terreno. ⛪

• Al di sopra del portale centrale della facciata esterna troviamo la raffigurazione del ciclo dei mesi, rappresentati da uomini al lavoro in varie attività agricole, centro della vita dell’epoca. Tra i rilievi, oltre alla semina e l’allevamento degli animali, vi è una prima raffigurazione di un’attività di macellazione, che rimanda alla tipica uccisione del maiale a novembre.📆🐷

• Piazza Duomo, uno dei punti centrali del centro di Parma, un tempo era molto diversa: in epoca romana infatti si trovava già fuori dalle mura, che passavano all’incirca all’altezza di via Cavour.

Questa meravigliosa cittadina a misura d’uomo, che ha rappresentato la capitale della cultura europea nel 2020 e nel 2021 e che non smette di rendere orgogliosa l’Italia con i suoi prodotti enogastronomici locali conosciuti in tutto il mondo, non si esaurisce certo qui.

E’ un ottimo punto di partenza per tour di tipo gastronomico, culturale e naturalistico, in quanto circondata da meravigliose passeggiate nei parchi protetti della regione Emilia Romagna.

Laurenzia Pellegrini